Ho sempre pensato che la storia nasca dalla gente comune anche se poi viene scritta dai grandi e troppo spesso scritta a modo loro per la gente comune. Si perchè i grandi non nascono grandi ma piccini e si alimentano dell'ambiente e della società in cui crescono. L'albero grande che campeggia e condiziona il terreno su cui è cresciuto è frutto del suo seme ma anche del terreno che lo ha alimentato e senza il quale sarebbe morto.
Non a caso negli anni '80 nei paesi emergenti dell'Africa, la cooperazione internazionale si è tanto preoccupata di fare giungere il telefono e la televisione ai capi-villaggio, prima delle strade, degli acquedotti e degli ospedali; e questo per preparare la gente a crescere secondo i propri programmi.
Non a caso oggi in Italia si lotta per il controllo dell'etere e delle emittenti televisive; la formazione e al cultura delle masse sono l'humus che alimenta il consenso per i grandi.
Quella che segue è una storia di campagna, una storia vera delle nostre campagne, che ben lungi da voler colpevolizzare qualcuno vuole essere invece un'analisi possibilmente obiettiva e non partigiana nella valutazione dei rapporti sociali e di potere.
Un uomo che amava la terra una volta comprò un bel terreno nella nostra Valle dell'Aniene. Il terreno era abbandonato ma bello ed assolato ed aveva in un angolo un grandissimo salice che campeggiava nella pianura visibile da lontano. L'uomo comprò duecento pioppi e sessanta alberi da frutto e con l'aiuto dei suoi amici mise a dimora tutti questi alberi in bell'ordine. Sistemò anche la recinzione un po' vecchia ma che esisteva ancora ben rinforzata da siepi rustiche. Dopo qualche tempo gli alberi avevano tutti ben attecchito ma stranamente ogni volta che quell'uomo passava a controllarne la crescita notava che ne mancavano sempre di più; finchè dopo un paio di mesi, nei quali si era dovuto assentare da quel luogo, tornando trovò con desolazione che di pioppi ne erano rimasti soltanto una decina e di alberi da frutto ancora meno.
L'indagine dei Carabinieri accertò che un allevatore di cavalli, che riteneva di avere il diritto di far pascolare lì i suoi animali, aveva lasciato tranquillamente mangiare i virgulti delle giovani piante che poi regolarmente estirpava. Ma anche il grande salice sparì in quel periodo, segato da una ditta che andando a caricare i pioppi di un fondo vicino aveva ben pensato di appropriarsi anche di esso violando il recinto e tagliando l'albero.
Quello stesso uomo, che amava la terra, aveva anche acquistato da una vecchia zia suora due piccoli terreni agricoli che appartenevano da generazioni e generazioni alla sua famiglia. Li aveva fatti pulire e vi aveva piantato alcuni ulivi ed alberi da frutto per prova. Anche in questo caso gli alberi erano stati di notte espiantati. Accadde poi che la zia suora morì e, dopo un po' di tempo, nel risistemare la documentazione di famiglia l'uomo si accorse che qualcuno nel Catasto dei terreni aveva dichiarato che quei terreni erano a lui pervenuti in eredità sebbene costui non fosse affatto un parente della zia.
Lo stesso uomo possedeva in paese un uliveto con in mezzo una casa che suo padre aveva costruito con amore. Sotto il suo terreno passava anche una bella strada di campagna che era stata allargata secondo le esigenze della popolazione. Quell'uomo avrebbe voluto costruire una piccola casa lungo la strada ma nonostante le sue reiterate richieste fu ostacolato per anni ed anni. Seppe poi che qualcuno, che disponeva di qualche potere pubblico, senza alcun diritto si opponeva accampando delle pretese sulla sua proprietà.
Viene da pensare che se un solo uomo, in un breve arco di vita e con le piccole proprietà che aveva, subì tutti questi fatti, probabilmente nell'intera comunità di fatti analoghi a quei tempi, dovevano verificarsene tanti. In altri termini c'è da credere che in quei tempi episodi di appropriazione indebita, di prevaricazione e di prepotenza dovevano essere piuttosto comuni e conseguenti allo scarso senso di rispetto delle regole sociali fondamentali del convivere.
Già ma in quali tempi questa storia è stata vissuta? Oggi con il progredire della cultura e con la grande organizzazione della giustizia sociale le cose saranno molto migliorate rispetto ai tempi passati! E invece no! Questa storia è una storia dei nostri tempi; ed allora viene da domandarsi: che cosa poteva accadere cento o duecento anni fa?
Duecento anni fa il Catasto non esisteva, se non un registro con una distinzione molto grossolana e soltanto descrittiva delle proprietà. Quando in Comune si litigava per un diritto di proprietà si doveva ricorrere ad un cittadino "indicatore" che si supponeva conoscesse così bene il territorio da essere garante della proprietà di ognuno.
Penso quindi che i problemi c'erano anche allora, connaturati con l'innata indole umana dell'invidia e del desiderio di possedere e certo in quei tempi queste problematiche saranno state ancora più complesse ed importanti. Qualcuno ci voleva che tenesse le redini del potere e sorvegliasse che almeno nel piccolo Comune si rispettassero le norme locali dello Statuto o anche quelle del potere centrale. è immaginabile pertanto che il Barone o il Governatore pontificio o il Gonfaloniere, cioè chi deteneva il potere per l'obbligo di governare la comunità potesse essere sensibile anche allora all'amicizia, alla raccomandazione, all'interesse personale di alcuni a scapito del diritto degli altri: in altri termini alle pratiche di disonestà e prepotenza. Ma nessun Governatore avrebbe potuto mai violare la missione che gli era affidata se il popolo che lui governava non fosse stato propenso a chiedere favori, in cambio di beni materiali o di potere, a proprio favore ed a scapito di altri. In alcuni popoli primitivi sembra accertato che tali pratiche fossero del tutto assenti, ma da noi sembra abbiano radici antiche.
Ricordo con profonda delusione un'esperienza diretta che ho vissuto quando mi presentai come candidato al Comune di Roma negli anni '90. Mi presentai porta a porta negli ambienti che io ben conoscevo e nei quali ritenevo di essere stimato, offrendo un documento programmatico basato sul richiamo all'etica sociale. In moltissimi casi, troppi casi, mi sentii dire: - Se voto per te come mi compensi? La sensazione complessiva è stata quella che alla maggior parte della gente poco interessava il bene collettivo perchè sovrastato dall'interesse personale.
Oggi i baroni non esistono più o non dovrebbero esistere, ma quante volte abbiamo dovuto assistere a fatti nei quali è emerso che governanti "democratici" di tutti i livelli hanno trasformato in baronie la propria sede elettorale? Che cosa è cambiato dai tempi dei baroni ai tempi dei governanti locali democratici? Esistevano baroni illuminati e baroni imbroglioni o prepotenti come oggi esistono governanti illuminati ma anche quelli imbroglioni o prepotenti che considerano la sedia sulla quale siedono come proprietà personale e non come posto per servire la comunità.
E allora la conclusione parrebbe essere molto deludente. Non raggiungeremo mai una società nella quale chi governa lo fa per spirito di servizio ed i cittadini si rispettino a vicenda rispettando le norme della convivenza? è colpa di governanti incapaci e corruttibili? E cambiandoli, scegliendone altri più bravi, troveremo la soluzione? Ma dove sono i governanti più bravi e dove crescono i futuri governanti? Nascono e crescono nelle nostre famiglie, nella nostre scuole, nella nostra società e crescono così come la famiglia, le scuola, la televisione, i giornali, li preparano alla vita. Essi sono il frutto diretto della nostra cultura.
La Giustizia non funzionerà mai se chi giungerà a fare il concorso per diventare giudice cercherà di vincerlo attraverso una raccomandazione o compromesso a danno di chi è più meritevole. Le amministrazioni pubbliche in generale non funzioneranno mai bene fintantochè nei vertici giungeranno politici di professione cresciuti nella cultura del potere piuttosto che nella cultura specifica di quel settore e soprattutto nella cultura del servizio alla comunità..
Un fatto che è stato sempre sottovalutato e forse poco noto alla gente è che agli inizi degli anni '70, una "legge sulla dirigenza" facendo leva su una meramente teorica riqualificazione del ruolo dirigenziale degli alti gradi delle amministrazioni statali, favorì l'esodo di quei funzionari anziani che si erano preparati per anni a ricoprire il ruolo di responsabilità nella loro amministrazione statale. Essi furono invogliati da pensionamenti estremamente favorevoli. Alcuni di essi andarono in pensione con ben due gradi in più col trucco di essere promossi a seguito dell'esodo del collega più anziano e subito dopo andando in pensione.
Si trattò di un vero e proprio colpo di stato bianco che estromise dai vertici delle amministrazioni statali i capi che, forti della loro esperienza ed autorità costituivano il contraltare al potere della politica in un giusto reciproco controllo, consegnando i posti di dirigenza di fatto a uomini nominati dalla politica. A pensarci bene è un chiaro esempio di quello che dicevo all'inizio: queste cose sono possibili e possono verificarsi soltanto in una società in cui sul senso del servizio e della garanzia di tutti, prevale il piccolo proprio tornaconto economico. è così che la storia è il frutto della cultura delle popolazioni: nessun governo sarebbe riuscito mai a realizzare tale cambiamento se fossero esistite delle organizzazioni sindacali della dirigenza dello Stato che avessero combattuto per l'interesse della collettività piuttosto che per l'interesse contingente di pochi dipendenti pubblici.
Come si esce da questa piaga che appesta la nostra società italiana? Impossibile risolvere a breve tempo con il rinnovamento dei governanti. Dove sono quelli nuovi? La nostra storia insegna che, troppo spesso, chi arriva tanto vicino al barone da cercare di spodestarlo criticando il suo operato in nome del popolo sovrano, è perchè lui stesso vuole essere il futuro barone.
Un caso molto interessante, che riguarda la comunità di Roviano, è quello della famosa causa per il pagamento delle ottave intentata contro il Barone da tali Celso Folgori e Filippo Viti. Erano certo personaggi più vicini al Barone per ceto e professione che al popolo rovianese. Celso in particolare abitava al centro elegante di Roma, a piazza della Chiesa Nuova, dove aveva incarichi pubblici. Viti era un notaio. Dopo le guerre d'indipendenza e la campagna di Garibaldi nel sud dell'Italia, all'indipendenza dal re Borbone seguì la dipendenza dal re Savoia e tuttora non è chiaro chi fu il peggiore.
E allora l'unico modo per poter crescere, perchè i nostri figli possano avere per il futuro governanti migliori dei baroni di ieri e di oggi, sarà quello di privilegiare l'educazione all'etica sociale, al rispetto delle regole civili per i nostri stessi figli che domani lasceranno venir fuori tra di essi persone valide e ben preparate perchè cresciute alla luce di sani principi morali ed etici.
Ognuno di noi dovrebbe collaborare rinunciando generosamente ad una parte del proprio egoismo e prepotenza, al bisogno irrefrenabile di proteggere il proprio piccolo tesoro contro tutti e contro tutto, abituandoci a considerare un grande tesoro il bene della collettività, quello che lasceremo in eredità ai nostri figli, rispettando il prossimo fin dalle regole più semplici: quali il rispetto degli altri in tutto ciò che si fa in comune come nella famiglia, nella scuola, nelle università, nel traffico stradale, nella casa comunale.
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